“Habitat”, il nuovo disco di CAPVTO

Si chiama Habitat (Ribéss Records 2023) il terzo disco di Valeria Caputo in cui la 44enne artista tarantina sceglie di tornare alle origini. L’album esprime l’esigenza personale rispetto al concetto di “casa”, un ritorno alle origini in senso emozionale e sentimentale dopo l’allontanamento dalla città natale e l’incertezza che deriva dalla disgregazione degli affetti, che portano la cantautrice a inseguire le proprie radici attraverso la musica. Valeria Caputo nasce a Taranto nel 1979. Dopo varie migrazioni giovanili approda a Forlì. Nella città romagnola vive e lavora a tutt’oggi, ma non smette di considerarla un “crocevia comodo per gli spostamenti”. Nel frattempo si è diplomata come tecnico di musica interattiva per le arti digitali alla Scuola di Alto Perfezionamento Musicale di Saluzzo, Cuneo, e ha proseguito gli studi al Conservatorio Giovan Battista Martini di Bologna, conseguendo il diploma di laurea magistrale in musica elettronica. Le sue preferenze coprono, senza preconcetti, uno spettro di generi che va dal cantautorato al jazz, dal folk all’elettronica.

Indubbiamente folk, nella declinazione West Coast fine ’60 è il disco d’esordio MigratoryBirds (autoprodotto 2012). Registrato al Cosabeat Studio di Forlì e al Groovefarm di Roma, vi figurano, tra gli altri, Silvia Wakte alla chitarra elettrica, Vince Vallicelli alla batteria e Franco Naddei ai synth. A emergere subito è la fluida complessità delle armonie e degli arrangiamenti che conferiscono una lucida psichedelia alla maggior parte dei brani. Di lì a breve Valeria esplicita i suoi riferimenti musicali fondando, insieme a Silvia Wakte, il progetto acustico Roses for Joni incentrato su Joni Mitchell, che coltiva fino ad oggi e grazie al quale è invitata tra i fiordi norvegesi, nel maggio 2023, al Songar Av Joni, produzione che celebra i 40 anni dal primo concerto della cantautrice canadese ad Oslo. Ma il cantautorato folk non esaurisce tutte le sue aspirazioni espressive, e così Caputo riprende in mano il primo disco, lo destruttura e rimette letteralmente a nuovo. Dalle cellule sonore di Migratory Birds, infatti, attraverso infiniti campionamenti e loop incasellati in un nuovo impianto sonoro, prende le mosse “Supernova” (autoprodotto 2016), che esce sotto il moniker Capvto. Il secondo album in studio – il Cosabeat di Franco Naddei – non è un semplice riarrangiamento del primo, bensì un lavoro in tutto e per tutto autonomo, felicemente conteso tra ambient, trip-hop, dark wave, synth-pop e jazz sperimentale, che si avvale degli interventi sonori di Chris Yan e Dagger Moth. Per le sue qualità peculiari nel panorama italiano, Supernova viene trasmesso e approfondito in una puntata di Un disco per l’Europa, rubrica musicale di Luca d’Ambrosio e Thierry Vissol. Tornando all’ album “ Habitat” (il suo primo album in lingua italiana) Caputo indaga la ragione della rinuncia a tornare alla sua città natale e la trova in quella che purtroppo, è diventata la questione Taranto per antonomasia: la presenza ingombrante controversa e, a tutti gli effetti, letale dello stabilimento siderurgico tristemente noto alle cronache nazionali, emblema d’inquinamento e degrado che diventano stato perpetuo di emergenza sanitaria. Alcuni brani di Habitat denunciano esplicitamente le violenze ambientali a cui sono sottoposti la città e il territorio tarantino, che sembra non trovare riscatto, e più in generale il nostro pianeta. Significativo, per questo aspetto, il brano “Taras”, dall’incipit pervaso di mitologia tanto quanto il titolo, ma con uno sviluppo inatteso: incorpora infatti un accorato intervento pubblico della nota attivista tarantina Celeste Fortunato, stroncata da leucemia acuta nel luglio 2023, all’età di 45 anni. In altri brani la cantautrice entra in luoghi intimi e affronta in punta di penna tematiche tradizionalmente femminili, come a voler cercare le sue radici ancestrali nel gineceo dell’universo. Un esempio è il brano dedicato a Mélanie Bonis, compositrice tardoromantica che, a sua volta, ha dedicato molte composizioni alla memoria di grandi donne vissute prima di lei. Dietro la polisemia del titolo, Caputo organizza i temi, gli ideali, le angosce e le speranze di una vita. Disegna il suo habitat a cerchi concentrici, nell’impresa di racchiudere i vari settori dell’abitare e del vivere, e non nasconde i limiti della sua capacità di adattamento: il settore della quotidianità, delle passioni e affinità private (Ma quale casa, Mel, Dove finisco io); quello della sua città (Taras, appunto, ma anche Sulla strada statale); quello dello stato Italia o, meglio, della sua assenza, e della denuncia politica (Sulla strada statale); quello del pianeta Terra come dimora di un’umanità senza confini (Riconoscersi). Naturalmente sono settori tutt’altro che a tenuta stagna, che si compenetrano per osmosi (Vieni, La mia città che sull’acqua brucia) e che definiscono paesaggi mai solamente esteriori o solamente interiori. D’altronde, la parola ecologia stessa (gr.òikos+lógos) evoca ambiguamente un “discorso sulla casa” di ognuno e di tutti. Nello spazio degli 8 brani che compongono il disco, Caputo tratteggia dunque una mappa dell’abitare.

La struttura del disco offre una varietà stilistica e tematica, grazie anche all’apporto degli amici professionisti che affiancano l’autrice per l’occasione scelti anche per coerenza tematica, come il chitarrista Giuseppe Bonomo, anch’egli di origine tarantina e residente in Romagna, e la cantautrice Fanelly, tarantina di adozione francese.

L’album è stato registrato da Franco Naddei nello studio forlivese.

Un lavoro intimo ma allo stesso tempo di denuncia e impegno sociale, dove l’esperienza personale si mescola più in generale con quella universale: un album da un punto di vista prettamente musicale di grande rilievo e che ci fa apprezzare un’altra artista assolutamente interessante del nostro panorama locale (ma ormai apprezzata in Italia e all’estero) che esprime attraverso la sua arte tematiche per niente banali.

La Tracklist completa:

Ma quale casa

Vieni

La mia città che sull’acqua brucia

Mel

Taras

Sulla strada statale

Riconoscersi

Dove finisco io

Testo di Giuseppe Frascella