Nick Cave al Medimex 19/06/2022
Non è facile scrivere del monumentale live di Nick Cave al Medimex, “He’s a ghost, he’s a god. He’s a man, he’s a guru”.
Entità così si venerano, si guardano con devozione dal basso verso l’alto, mai negli occhi, si temono, si invocano. E le riconosci subito perché appena le incontri non viene a crearsi una dipendenza o mera sudditanza ma si innesca un immediato scambio di fluidi vitali continuo e pulsante, che va oltre il corpo, è veramente qualcosa di più: è sacralità, è empatia. Il Dio diventa Uomo tra gli uomini e nessuno, da quel momento in poi, può più vivere senza l’altro. Non è fantascienza o dogmatica della fede, è ciò che è successo durante la serata conclusiva dell’edizione tarantina del Medimex 2022, con il concerto di Nick Cave and the Bad Seeds, sul finire di una primavera mai stata così calda, rinfrescata dalla leggera brezza del lungomare tarantino. Già qui è la perfezione, o no? Eppure, questa volta la mia difficoltà nel descrivere l’evento è ai massimi storici. Ogni parola, ogni virgola sono maltrattate e fuori posto ma la bellezza che mi ha investito domenica sera, come un ritorno di fiamma in un incendio, mi perseguita e vuole essere raccontata, a modo mio. E allora vi dico quello che ho vissuto il 19 giugno:
— ho visto uno dei migliori frontman della storia del rock, adrenalinico, magnetico, dare lezioni di vita e di “r-esistenza”, e non mi riferisco solo alle sue movenze ammaliatrici, alla sua danza ipnotica o alle scoccate dritte al cuore al pianoforte. Per due ore è stato impossibile distogliere lo sguardo e non lasciarsi avvolgere da quella che è stata una lunghissima dichiarazione d’amore supplicata e profondamente ricambiata.
—“Il punk è un’ attitudine”. L’apertura con Get Ready for Love, There She Goes, My Beautiful World, From Her to Eternity ancora pulsa nella mia testa.
— L’universo musicale e poetico caveiano raggiunge l’apice con mani che si sfiorano, corpi che si concedono fidandosi di braccia forti, canzoni dedicate. E riscoprirsi onde diverse del medesimo mare.
—“I need you” ha toccato delle corde e smosso delle emozioni che mi lasciano ancora senza parole.
—L’assolo di violino di Warren Ellis su The Ship Song è ancora sulla mia pelle;
—La chiusura con City of Refuge, White Elephant insieme ai bis (Into my arms – Vortex- e Ghosteen Speaks) regalano un finale magico che va a coronare due ore di concerto impeccabili.
—Una set list perfetta che racconta tutta la carriera di Re Inkiostro, accarezzando e scuotendo l’anima di tutti quelli che hanno avuto la fortuna di essere lì.
— 7000 persone in visibilio, birra ghiacciata senza file estenuanti e una Taranto che “bella accussì, nun ll’aggio vista maje”.
—Un viaggio poetico in cui il “D-Io” con le sue fragilità diventa un Noi che si stringe in un abbraccio collettivo carico di coraggio e di dolore in perfetto equilibrio per cercare di riuscire ad affrontare la realtà senza mai perdersi del tutto.
SETLIST
- Get Ready for Love
- There She Goes, My Beautiful World
- From Her to Eternity
- O Children
- Jubilee Street
- Bright Horses
- I Need You
- Waiting for You
- Carnage (Nick Cave & Warren Ellis cover)
- Tupelo
- Red Right Hand
- The Mercy Seat
- The Ship Song
- Higgs Boson Blues
- City of Refuge
- White Elephant (Nick Cave & Warren Ellis cover)
Encore:
- Into My Arms
- Vortex
- Ghosteen Speaks